IL CONFLITTO TRA IL PROMISSARIO ACQUIRENTE E IL TERZO AVENTE CAUSA
La Suprema Corte, con la sentenza del 28 maggio 2024, n. 14885, è intervenuta ancora una volta in tema di contratto preliminare e doppia alienazione di un bene immobile.
In particolare, nel caso sottoposto all’attenzione dei giudici di legittimità, il proprietario di un bene immobile, pur avendo promesso in vendita il bene stesso al promissario acquirente, si era tuttavia rifiutato di addivenire alla stipulazione del contratto definitivo di acquisto.
Convenuto in giudizio il promittente venditore ex art. 2932 c.c., quest’ultimo aveva ceduto il bene in questione ad un soggetto terzo.
Trascorsi dieci anni la domanda del promissario acquirente diretta ad ottenere la sentenza di cui all’art. 2932 c.c. veniva accolta con sentenza passata in giudicato.
Il terzo a cui era stato venduto il bene dal promittente venditore deduceva il possesso in buona fede dell’immobile e l’attratta idoneità del titolo e chiedeva, pertanto, che venisse dichiarata in suo favore l’intervenuta usucapione ai sensi dell’art. 1159 c.c. (c.d. usucapione abbreviata).
Cionondimeno, la Cassazione ha rigettato la domanda del terzo, ritenendo non applicabile nel caso di specie l’art. 1159 c.c., atteso che, fino al momento del passaggio giudicato della sentenza di cui all’art. 2932 c.c., il proprietario effettivo del bene rimaneva il venditore.
Secondo i giudici di legittimità la sentenza costitutiva emessa ai sensi dell’art. 2932 c.c. ha efficacia ex nunc e la trascrizione della domanda giudiziaria ex art. 2652, n. 2 c.c. non anticipa gli effetti della sentenza costitutiva nei rapporti fra le parti al momento della proposizione della domanda in forma specifica; la predetta trascrizione ha solamente lo scopo di risolvere il conflitto tra la parte attrice e gli eventuali aventi causa della parte convenuta che dopo la trascrizione della domanda abbiano effettuato trascrizioni o iscrizioni nei suoi confronti.
La Suprema Corte ha ritenuto che, a seguito della sentenza ex art. 2932 c.c., l’effetto traslativo si produceva solamente nel momento in cui la sentenza passava in giudicato; prima di tale momento, il promittente venditore rimaneva proprietario e possessore del bene, con la conseguenza che, nell’ipotesi di specie, non sussistevano i presupposti per poter ricorrere alla usucapione abbreviata di cui all’art. 1159 c.c.
L’usucapione abbreviata si configura infatti qualora il trasferimento del bene immobile venga disposto da colui che non ne è proprietario con un titolo astrattamente idoneo a trasferire la proprietà; la Suprema Corte, ritiene dunque che, nel caso di specie, i giudici di secondo grado hanno erroneamente applicato l’art. 1159 c.c., atteso che non era configurabile l’istituto dell’usucapione abbreviata in favore di colui che aveva acquistato l’immobile dal reale proprietario del medesimo.