Le certificazioni di qualità: tra certificazioni volontarie e certificazioni obbligatorie

La certificazione di qualità è l’attestazione, proveniente da un organismo terzo e indipendente rispetto all’azienda committente, che dichiara la conformità di un bene, di un servizio o di un sistema di gestione aziendale agli standards qualitativi normativamente previsti.

L’attività di certificazione consiste nella valutazione, verifica e attestazione della qualità, da parte di un organismo terzo e indipendente (c.d. organismo di certificazione), non tanto della qualità intesa come valore positivo, di pregio, quanto della mera conformità a determinati parametri di un prodotto o servizio, di un sistema produttivo o del personale di un’impresa (c.d. impresa certificata). L’esito positivo di tale controllo si conclude attraverso il rilascio di un attestato di certificazione e della licenza di utilizzazione di un marchio, di solito (ma non sempre) rappresentato attraverso simboli o sigle.

Nel contesto di un sistema economico connotato da una crescente distanza tra produttore e consumatore, le certificazioni di qualità rappresentano uno degli strumenti di comunicazione “simbolica” atti a favorire (se non addirittura, a sostituire) lo strumento di informazioni tra le parti.

In effetti, tanto le certificazioni obbligatorie, quanto quelle volontarie, costituiscono un meccanismo di informazione, ora doverosa, ora del tutto spontanea, circa la “qualità” dei prodotti che esse accompagnano. Qualità che, nel primo caso, si suole definire “necessaria”, giacché racchiude i requisiti di sicurezza che il prodotto deve possedere per essere immesso legittimamente nel mercato (c.d. certificazioni obbligatorie); e che, nel secondo caso, viene invece indicata come “competitiva”, poiché indicativa dell’insieme degli attributi positivi e di solito particolarmente allettanti con i quali l’imprenditore intende contrassegnare il prodotto, anche al fine di conferire allo stesso un valore “aggiunto” idoneo a distinguerlo dai molteplici beni analoghi esistenti sul mercato e a captare l’apprezzamento del consumatore (c.d. certificazioni volontarie).

La definizione appena richiamata, dalla quale emerge una figura tendenzialmente unitaria di certificazione, consente di enucleare tendenzialmente i tratti salienti, segnatamente riconducibili a tre profili fondamentali: l’uno riguarda i soggetti del rapporto di certificazione e, anzitutto, l’ente incaricato dalla relativa attività nonché i requisiti che quest’ultimo deve possedere per lo svolgimento della stessa; l’altro concerne l’oggetto di tale attività che può interessare un prodotto, un servizio o, più in generale, un sistema di produzione; l’ultimo, invece, è di carattere funzionale ed è legato alle finalità perseguite dalle certificazioni ravvisabili, segnatamente, nel controllo e nella conseguente eventuale attestazione della conformità del prodotto ai requisiti essenziali di sicurezza, com’è proprio dal settore delle certificazioni obbligatorie, o a requisiti accessori e liberamente perseguiti dall’impresa, come si verifica nell’ambito delle certificazioni volontarie.